(Looking at you looking at…)
I am involved in architectural photography, art and interior layouts, design-related exhibitions and their installations.
I often found myself in the situation of having to wait a long time before there were no people to take photographs or to look at the things I would photograph myself.
Initially, in fact, people annoyed me, I saw them as an obstacle to the realization of my photography. Over time I learned to observe these people, and to wonder what on earth was catching their attention, or what they were photographing, this was because each of them was attracted to something different than any other.
Each person has their own vision, and they have a desire to take away a piece of the world they are observing that is important to their own experience, whether through a deep look or a fleeting photograph that they may never look at again.
I thus began to appreciate the people who unknowingly entered my photographs, leaving a trace of their lives, their thoughts, in relation to the place that I myself was experiencing with my own reflections and point of view.
This interplay of referencing my gaze on others’ gazes leaves a question mark on how reality is experienced in infinite ways by all the people interacting with the same situation, and the resulting photograph shows that what I am seeing also includes other subjects’ simultaneous vision of a portion of the same reality, reflecting on which focus of attention at that moment attracts a view different from my own.
(Guardando te che guardi…)
Mi occupo di fotografia di architettura, di allestimenti d’arte e di interni, di mostre legate al design e le relative installazioni.
Spesso mi sono trovato nella situazione di dover aspettare tanto tempo prima che non ci fosse nessuna persona a fare fotografie o a guardare le cose che io stesso avrei fotografato.
Inizialmente, infatti, la gente mi infastidiva, la vedevo come un ostacolo alla realizzazione della mia fotografia.
Col tempo ho imparato ad osservare queste persone, e a domandarmi che cosa mai stesse catturando la loro attenzione, o che cosa stessero fotografando, questo perché ognuno di loro era attratto da qualcosa di diverso rispetto a qualsiasi altro.
Ogni persona ha una propria visione, e ha il desiderio di portarsi via un pezzo del mondo che sta osservando che per il proprio vissuto è importante, sia con uno sguardo profondo che con una fugace fotografia, che magari non guarderà mai più.
Ho così cominciato ad apprezzare la gente che entrava inconsapevolmente nelle mie fotografie, lasciando una traccia della loro vita, dei loro pensieri, in relazione al luogo che io stesso stavo vivendo con le mie riflessioni e il mio punto di vista.
Questo gioco di rimando del mio sguardo su sguardi altrui lascia un punto interrogativo sul modo in cui la realtà viene esperita in infinite modalità da tutte le persone che interagiscono con la stessa situazione, e la fotografia risultante mostra che ciò che sto vedendo comprende anche la visione contemporanea di altri soggetti di una porzione della stessa realtà, riflettendo su quale sia il centro di attenzione che in quel momento attrae una visione diversa dalla mia.